Sovrappeso e Obesità 

GUIDA PRATICA PER IL BENESSERE ALIMENTARE.

Approfondisci le sfide e le soluzioni per gestire il sovrappeso con un approccio nutrizionale completo ed efficace.

DOTT. DAVIDE LAZZARINI

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SOVRAPPESO / OBESITÀ

L’obesità è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di tessuto adiposo che determina ricadute patologiche su vari organi.

Tra le co-morbidità (la presenza nello stesso individuo di più malattie oltre all’obesità) ricordiamo: diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, dislipidemia, sindrome dell’ovaio policistico, osteoartropatia da carico a ginocchia e vertebre lombari, sindrome delle apnee ostruttive notturne, bassa autostima, depressione.

Dal punto di vista finanziario l’obesità tra costi diretti ed indiretti determina una importante perdita di produttività ed un incremento nella morbidità e mortalità che, in Italia si stima che sia responsabile di oltre 64.000 decessi.

L’obesità non si manifesta uniformemente in tutte le regioni italiane, ma presenta un gradiente geografico che è svantaggioso per le regioni meridionali.
La situazione colpisce sia gli adulti sia le fascie di età più giovani, sfiorando il 30% dei bambini al di sotto dei 14 anni.

Molte sono le figure professionali che ruotano attorno al paziente obeso: dietista, medico, biologo o farmacista nutrizionista, preparatore atletico, personal trainer, psicologo, psicoterapeuta.

GLOSSARIO

Dato facile da ottenere e da monitorare per il singolo individuo, ma di per sé poco adatto per “fare classificazioni” fra i vari Pazienti. La bilancia fornisce un peso comprensivo delle quote di tessuto adiposo, organi interni, massa muscolare, acqua ingerita, ecc.

Il ben noto Indice di Massa Corporea o IMC (Body Mass Index o BMI della letteratura anglofona) viene spesso impiegato per classificare l’entità di eccesso di peso in relazione all’altezza, essendo il risultato del rapporto tra il peso (espresso in chilogrammi) e l’altezza (espressa in metri) elevata al quadrato secondo la formula IMC = [PESO (Kg)/ ALTEZZA (m2)].
L’impiego dell’IMC risulta correttamente impiegabile in ampi studi di popolazione, ma usato come unico parametro di valutazione nel singolo individuo perde parzialmente significato dal momento che al denominatore della formula ritroviamo il peso che abbiamo già detto essere la somma di componenti tra loro disomogenee. Ecco allora che un culturista ben allenato che sia alto 170 cm e che abbia una muscolatura ben sviluppata arrivando a pesare 90 Kg avrebbe un BMI di (90/1,72) 31,14 che indicherebbe un’obesità di 1°.

Dal momento che “a occhio” chiunque riuscirebbe a distinguere un obeso da un culturista, appare evidente che servano altri parametri di valutazione.

La Circonferenza Vita (Waist Circumference) misurata al punto di mezzo tra il bordo inferiore della gabbia toracica e la cresta iliaca è una misura facile da ottenere e ripetere nel tempo, ed è un buon indicatore del deposito intraaddominale di tessuto adiposo.

Nel tempo sono state redatte tabelle che correlano WC con il rischio di complicazioni metaboliche, anche in funzione del gruppo etnico di appartenenza (individui che per etnia presentano un struttura corporea minuta andranno incontro a complicanze legate all’obesità con valori di circonferenza della vita minori rispetto a quelli di una popolazione costituzionalmente più massiccia).

DIAGNOSI / TERAPIA

La figura del Medico deve, come sempre, attendere a: 1) fare diagnosi 2) fare terapia

1- FARE DIAGNOSI
É necessario identificare potenziali cause dell’obesità di tipo endocrinologico, neurologico, farmacologico, genetico, comportamentale legate ad errate abitudini alimentari o a limitazioni nella possibilità di svolgere attività motoria.

Ogni singola voce sopra elencata richiede la prescrizione di accertamenti ematochimici e/o strumentali.

É necessario indagare l’aspetto psicologico del paziente per evidenziare comportamenti quali bulimia, binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata), tratti depressivi che trovano nel cibo una sorta di compenso.

É necessario indagare le abitudini alimentari non solo in relazione alle scelte dei cibi, ma anche in funzione dell’impiego del tempo e della disponibilità di mense, preparazioni domestiche, reperibilità degli alimenti.

In funzione degli elementi venuti alla luce si provvederà a collaborare con gli specialisti opportuni (psicologo, endocrinologo, ecc).

L’atteggiamento aperto e collaborativo tra i professionisti e necessariamente con il paziente resta la chiave per un approccio propositivo e gestionalmente più proficuo per il paziente stesso.

2 - FARE TERAPIA
Qui tratteremo unicamente il sovrappeso/obesità causata da eccessivo introito energetico.

Per mantenere costante il peso ci deve essere parità tra l’energia introdotta con l’alimentazione e quella spesa nell’attività fisica (camminare, attività lavorativa, ginnastica, ecc.) e nel mantenimento dei processi vitali (metabolismo basale).
Qui tratteremo brevemente la riduzione dell’introito calorico, tralasciando momentaneamente l’attività fisica, peraltro uno dei capisaldi per una vita in perfetta salute.

Avendo tutti noi l’abitudine di mangiare più volte al giorno e la fortuna di poter comprare i cibi senza grossi problemi, abbiamo la percezione che tutto sia scontato e privo di significato o che tutt’al più ci possano essere ricadute sulla nostra salute solo nel lungo periodo ed in età avanzata. Alcune condizioni patologiche (insufficienza respiratoria, renale, cardiaca) vengono pesantemente influenzate anche nel breve periodo da ciò che mangiamo, basti pensare al paziente diabetico.

La prescrizione di una dieta corrisponde esattamente alla compilazione di una vecchia ricetta galenica (un tempo quando i farmaci non erano preconfezionati dalla casa farmaceutica a dosaggio standardizzato, venivano preparati dal farmacista che seguiva le indicazioni che il medico scriveva: quest’ultimo indicava quanti mg di principio attivo, quanti e quali eccipienti mettere e la forma della preparazione, se compresse, cartine, capsule, gocce, ecc).

Nel corso degli anni si sono succedute diete di ogni tipo, a seconda della moda del momento (la dieta dei gruppi sanguigni, la dieta delle lettere dell’alfabeto, la dieta di sola frutta, ecc). La maggior parte di queste, se ben valutate, le si può ricondurre a protocolli ipocalorici.

DIETE NOTE

Il successo risiede nell’ottenimento di un dimagrimento più rapido di quello ottenibile con diete ipocaloriche (che prevedano un deficit di 600 Kcal rispetto all’introito abituale) e ipolipidiche (i grassi devono fornire molto meno del 30% della quota calorica globale). L’assenza di carboidrati alimentari induce la gluconeogenesi e la produzione dei corpi chetonici (prodotti dalla mobilizzazione dei grassi che vengono quindi “bruciati” rapidamente) a fini energetici principalmente per cervello, cuore e reni. Mentre nel breve periodo la letteratura sia unanime nel consigliare l’impiego di questo protocollo nutrizionale, i dati di sicurezza ed efficacia a lungo termine non sono chiari (studi condotti con metodiche differenti, restrizioni glucidiche non uniformi, ecc).

Anche in questo caso non esistono molti studi, ma indicano pur sempre un dimagrimento più rapido e un più rapido miglioramento dei fattori di rschio , quando comparati alla classica ipocalorica. Pur non esistendo dati sulle conseguenze di questo tipo di dieta nel lungo periodo, rimangono comunque consigliabili per gli individui con insulino-resitenza.

Vengono proposte diverse varianti di questo protocollo, che però in studi fino a 6 mesi evidenzia un dimagrimento sostanzialmente sovrapponibile a una dieta ipocalorica classica. Certamente lo stato di digiuno incrementa il rischio di colelitiasi e non apporta qualla consapevolezza nella scelta di giuste quantità di cibo, necessaria per mantenere il decremento ponderale raggiunto.

La sostituzione di uno o al massimo due pasti al dì con prodotti arricchiti di vitamine e minerali e il restante apporto calorico con cibi convenzionali, sempre contenendo le Kcal assunte giornalmente, sono una soluzione pratica e soddisfacente. Sono stati studi sia a breve che a lungo termine a indicare in questo regime alimentare una soluzione sia per la perdita che per il mantenimento ponderale.

Apportano fino ad un massimo di 800 Kcal/die; possono essere impiegate per non oltre le 12 settimane sotto stretto controllo medico e in quei casi nei quali sia indispensabile un rapido dimagrimento.

I FARMACI PER LA DIETA

Nel corso degli anni sono stati proposti diversi farmaci, alcuni per incrementare il metabolismo (aumentare il consumo energetico – levotiroxina, alti dosaggi di estratto di arancio amaro ricco in sinefrina), altri per ridurre l’appetito e quindi l’introito calorico (anoressanti-dexfenfluoramina, rimonabant, sibutramina), altri per ridurre l’assorbimento dei lipidi (orlistat), ognuno con effetti collaterali e problemi che ne hanno determinato il ritiro dal commercio (sibutramina, dexfenfluoramina, rimonabant) o un impiego molto attento (l’orlistat, un inibitore delle lipasi pancreatiche, impedisce l’assorbimento dei grassi alimentari, ma anche di vitamine liposolubili e dell’aciclovir; è in grado di interferire con il metabolismo del calcio e determinare danni renali).

Ultimamente l’armamentario farmacologico si è arricchito di due nuove molecole: liraglutide e semaglutide. Si tratta di farmaci antidiabetici analoghi strutturali dell’ormone GlP-1 che agisce a livello insulinico e riduce la pulsione verso il cibo, anticipa il senso di sazietà e incrementa la velocità di transito intestinale determinando un decremento ponderale. L’impiego per la perdita di peso al di fuori della malattia diabetica configura un impiego off-label.

Ultimo, ma non per questo meno importante, è il glucomannano, fibra idrosolubile estratta dalla radice di una pianta, in grado di ridurre il senso di fame grazie all’effetto “massa”. Assunto con abbondante acqua, una volta idratato, realizza una sorta di gelatina che ”tiene lo stomaco impegnato”; finita la fase gastrica idrata il contenuto intestinale, facilitandone il transito e rallentando l’assorbimento dei carboidrati.

L’uomo è strutturato in modo da sfruttare al meglio le proprie risorse energetiche e da mantenere il proprio peso. Se tale situazione era favorevole alla prosecuzione della specie fino a 100 anni or sono perché permetteva la sopravvivenza con il poco cibo disponibile, adesso tale tendenza ci penalizza permettendoci di accumulare energia (grasso) che non potrà venire smaltito. Ecco allora che fintanto che si segue un regime a basso livello di energia manteniamo il peso raggiunto, ma appena “sforiamo” tendiamo inesorabilmente a recuperare le taglie perse.

Fare una o più diete non ha significato se non cambiamo il nostro modo di pensare e quindi di mangiare e di fare attività fisica: ritorneremo sempre al peso iniziale, solitamente con qualche ettogrammo in più.

Se non abbiniamo alla dieta la volontà di cambiare avremo al più la soddisfazione di poter entrare in quel vestito per la cerimonia, ma non certo di rimanere in peso forma.

GLOSSARIO

L’impiego di una pinza con caratteristiche standardizzate (superficie di presa di una determinata area, pressione esecitata dalle branche della pinza di una certa forza, ecc) permette di misurare lo spessore di pliche cutanee in determinati punti di repere (plica tricipitale, bicipitale, sottoscapolare, pettorale, medioascellare, ecc.). Tramite equazioni popolazione-specifiche e che tengono conto dell’età e del sesso, dallo spessore dell’adiposo sottocutaneo, si ottiene una stima della quantità corporea del grasso.

Si tratta di una metodica che valutando l’opposizione (impedenza) del corpo umano al farsi attraversare da correnti elettriche (di intensità infinitesimale, non dannose per il paziente) riesce a stimare la percentuale di tessuto adiposo e di tessuto non adiposo che compongono il corpo. La corrente passa meglio attraverso organi ricchi di acqua e sali minerali (meglio nel muscolo che attraverso il grasso), quindi, per non alterare il significato delle letture dello strumento è opportuno mantenere il digiuno da almeno 4 ore, non svolgere attività fisica da 12 ore, vescica vuota, astenersi dall’assunzione di alcool e da diuretici da almeno 72 ore.

É determinata da uno svuotamento rapido dello stomaco accelerato dall’ingestione di carboidrati e/o bevende dolci gassate. Tra le cause vanno ricordate il rapido aumento dell’osmolarità del contenuto intestinale mediato dall’apporto glucidico che inoltre agisce sulla secrezione di GLP-1 e stimola il rilascio di insulina. La velocità di transito non ne permette l’assimilazione inducendo ipoglicemia con il corteo di sintomi di accompagnamento; una modesta quantità di carboidrati può essere fermentata dalla flora batterica intestinale, ma l’iperosmolarità richiamando liquidi nel lume intestinale è la causa del dolore addominale e della diarrea. Si può presentare in caso di chirurgia bariatrica che abbia ridotto il volume gastrico o in caso di neoplasia dell’esofago o dello stomaco. Una dumping syndrome precoce (entro 60 minuti dall’assunzione di cibo) si manifesta con nausea /vomito, diarrea, addominalgia per distensione meteorica, palpitazioni, sudorazione. Una dumping syndrome tardiva (tra 1 e 3 ore dall’assunzione di cibo) si manifesta con sudorazione, astenia marcata, tachicardia, lipotimia.

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